“La pandemia ha portato almeno due conseguenze importanti: l'accelerazione della digitalizzazione ma allo stesso tempo la crisi economica. Queste due dinamiche incrociate facilitano il consolidarsi di attività illegali nel cyberspazio e modificano le attività delle organizzazioni criminali”. Con queste premesse si è tenuto a Roma il 24 Gennaio presso la SDA Bocconi Rome Campus, un workshop per analizzare il concetto di cybercrime a livello globale e locale, discutendo gli strumenti e gli impatti che attività illegali possano avere nel contesto del sistema paese. Per riflettere sugli intrecci delle attività della criminalità nel cyberspazio, migliorare la sicurezza e combattere la corruzione sono intervenuti studiosi come Colin Macarthur dell’Università Bocconi, Walter Quattrociocchi della Sapienza di Roma, e rappresentanti istituzionali come Antonia De Meo, direttore generale di UNICRI, e il Vice Direttore Generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, dottoressa Nunzia Ciardi, presentati dalla professoressa Greta Nasi della Bocconi.
Sull’importanza della riflessione organizzata dall’Università Nunzia Ciardi ha subito chiarito il suo punto di vista: “La criminalità si è molto evoluta ed è diventata molto performante. Non ci immaginiamo più i ragazzotti con la felpa che stanno a mettere a segno qualche colpo ben assestato. Non è quello che ho visto quando facevo contrasto alla criminalità strutturata, una criminalità che ha articolazioni talmente profonde al suo interno che compra tool e competenze sul Dark Web, noi lo chiamiamo Crime as a Service, ma che al proprio interno ha strutture tali che permettono di riciclare e investire grandissime somme. Oggi, considerati costi e benefici, la criminalità digitale è quella che fornisce i risultati migliori”.
Ed ha aggiunto: “Ho vissuto un percorso professionale che rappresenta la trasversalità del tema. Ho guidato la Polizia di Stato che fa contrasto ai crimini informatici e poi sono passata all’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale che ci occupa dell’altro versante del problema, cioè la prevenzione, di come si rende un paese più resiliente, per attrezzarlo affinché possa sfruttare in modo produttivo la digitalizzazione, affinché si possa spingere un paese che voglia competere sulla scienza internazionale economicamente, socialmente, a farlo riducendo al minimo i rischi. Dico appositamente ‘riducendo’ perché tutti noi sappiamo che un punto zero della sicurezza digitale non può esistere. La sicurezza digitale è come un orizzonte che si allontana continuamente e noi non ci dobbiamo stancare di sforzarsi di raggiungere”.
“In questo contesto l’Agenzia rappresenta un tassello fondamentale. Io che ho vissuto il contrasto so che è un pilastro portante della strategia di cybersicurezza del paese ma mi rendo conto che il contrasto non può essere l’unica forma per sostenere un ecosistema e renderlo sicuro. Purtroppo, il contrasto alla criminalità informatica sconta tantissimi limiti, parliamo di un fenomeno transnazionale che riguarda tutti i paesi con legislazioni diverse. Quindi più che mai fondamentale affrontare il problema sotto il profilo della resilienza per ridurre l’impatto drammatico che il crimine informatico ha sulle nostre vite digitali”.
Infine ha voluto lanciare un invito a tutti i cittadini e alle persone comuni: “La velocità con cui interagiamo nell’ecosistema digitale ci rende tutti più vulnerabili. La ricetta è essere sempre più consapevoli, sempre più a conoscenza dei rischi che si corrono ed essere un pochino più lenti della tecnologica che ci incalza e ci induce ad andare più veloci, senza pensare”.